La zia Julia e lo scribacchino
Pedro Camacho, detto il «Balzac creolo», è uno strano e fecondissimo inventore di trame melodrammatiche e truculente per un programma feuilleton di Radio Lima. Tutti in città attendono con impazienza le «puntate» della sua fantasia, fatte di arresti misteriosi, morti segrete, incesti, sangue e passioni. In parallelo scorre la storia di Mario - pallidamente autobiografica, come il nome del protagonista lascia intendere - giovane aspirante scrittore attratto da questa curiosa macchina dell'immaginario. Ma anche lui ha la sua storia complicata da raccontarci: s'innamora, quasi con platonica indifferenza, d'una zia vedova e piú matura, che finirà per sposare, prima di trasferirsi in Europa e affermarsi come scrittore.Questa è la trama, ma detto così è davvero poca cosa se non addirittura una specie di soap opera latina. L'aspetto migliore di questo romanza è l'intreccio delle due biografie: un capitolo parla di Mario (o Marito come lo chiama la Zia Julia), l'altro invece riporta le storie dei programmi radiofonici. Saranno queste, diventando sempre più complesse, intrigate e bizzarre, a rivelare il deterioramento della condizione mentale di Pedro Camacho. Ottimo perciò l'intreccio, che tiene col fiato sospeso e all'inizio spiazza parecchio.
Molto ironico lo stile dello scrittore, che in questo libro riporta anche gli inizi difficili della sua carriera. Mi mancava questo scrittore sud-americano, peruviano ed ero rimasta incuriosita quando l'anno scorso era risultato nella rosa dei nomi per il Premio Nobel.
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