Prigioniera a Teheran
Come avevo scritto al ritorno dalla Fiera del Libro, volevo leggere Prigioniera a Teheran dopo aver assistito alla sua presentazione con l'autrice. Qui, in pochissime parole, ciò di cui tratta:
Devo dire che insieme a Leggere Lolita a Teheran questo libro riesce a farci entrare, anche se sempre in maniera relativa, nella vita quotidiana di una dittatura come quella iraniana. I due libri possono essere in qualche modo complementari. Infatti la Nemat ci fa conoscere la realtà della prigione femminile, un luogo normalmente poco conosciuto nella democrazia, e praticamente taciuto (ancor più della prigione maschile) in caso di dittature.
La descrizione che l'autrice fa del suo periodo in carcere è comunque delicata: molte cose sono appena accennate e si comprendono per intuizione, creando così un libro che è in grado di raccontare la tortura senza essere eccessivamente pesante e di impatto per il lettore.
A chi è abituato a pensare la famiglia come protettiva, accudente e rassicurante, farà forse fatica ad identificarsi con i genitori di Marina Nemat, che non mostrano comprensione e a volte sembra nemmeno interesse per quanto le sia accaduto. Ma come lei stessa ha ben spiegato: la dittatura entra anche nelle relazioni familiari e nessuno vuole realmente sapere cosa è accaduto, in modo da non *doverci fare i conti realmente*.
Devo dire che mi sono dovuta un po' documentare al di fuori del racconto per comprendere certi episodi: molti eventi sono relativi alla mia prima infanzia, possibile che siano così distanti, così poco conosciuti? (ok, una certa dose di ignoranza mia e solo mia ce la metto anche...).
Due anni, due mesi e dodici giorni nella prigione di Evin. Giorni, mesi, anni scanditi dalla violenza, dall'umiliazione, dalla paura e dalla morte. Fino a una nuova nascita. La storia di Marina, giovane studentessa incarcerata a Teheran nel terzo anno di regime del-Payatollah Khomeini. Una storia di odio e dannazione, ma anche di amore e di resurrezione, dove il bene e il male finiscono col confondersi, per testimoniare la follia di tutte le tirannie.****Contiene spoiler****
Devo dire che insieme a Leggere Lolita a Teheran questo libro riesce a farci entrare, anche se sempre in maniera relativa, nella vita quotidiana di una dittatura come quella iraniana. I due libri possono essere in qualche modo complementari. Infatti la Nemat ci fa conoscere la realtà della prigione femminile, un luogo normalmente poco conosciuto nella democrazia, e praticamente taciuto (ancor più della prigione maschile) in caso di dittature.
La descrizione che l'autrice fa del suo periodo in carcere è comunque delicata: molte cose sono appena accennate e si comprendono per intuizione, creando così un libro che è in grado di raccontare la tortura senza essere eccessivamente pesante e di impatto per il lettore.
A chi è abituato a pensare la famiglia come protettiva, accudente e rassicurante, farà forse fatica ad identificarsi con i genitori di Marina Nemat, che non mostrano comprensione e a volte sembra nemmeno interesse per quanto le sia accaduto. Ma come lei stessa ha ben spiegato: la dittatura entra anche nelle relazioni familiari e nessuno vuole realmente sapere cosa è accaduto, in modo da non *doverci fare i conti realmente*.
Devo dire che mi sono dovuta un po' documentare al di fuori del racconto per comprendere certi episodi: molti eventi sono relativi alla mia prima infanzia, possibile che siano così distanti, così poco conosciuti? (ok, una certa dose di ignoranza mia e solo mia ce la metto anche...).
2 commenti:
Ciao,
ti ho nominata tra i Brillante Weblog del 2008, sul mio blog trovi i dettagli
:) Grazie mille!
Ora vado a leggere sul tuo blog!
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